Appena tornato in Italia uno dei primi pensieri fu quello di trovare un’officina moto in grado di mettere a posto Sofia. Alla partenza aveva già macinato 75.000 chilometri e in molti dicevano che un monocilindrico non avrebbe fatto molta altra strada. Fortunatamente si sbagliavano: nonostante il pieno carico, le benzine schifose e sporche, le sterrate polverose a quasi 5.000 metri slm la nostra amata Ténéré 660 ce l’ha fatta, riportandomi a casa dopo 55.000 chilometri in cui sono stato davvero un pessimo manutentore.
Officina moto in viaggio. L’incubo del motociclista
L’incubo di ogni viaggiatore è quello di aver bisogno di un’officina moto lungo la strada, cosa che diventa inevitabile in un viaggio di mesi. Diversi meccanici avevano messo mano su Sofia in laboratori, spesso arrangiati per i nostri parametri, dove il martello è lo strumento principe: a martellate si tirano fuori le gomme dai cerchi, a martellate si sbloccano i dadi troppo serrati. Il risultato è stato che al ritorno beveva piú olio che benzina, tipo un litro ogni ottocento chilometri, oltre alla terza e quarta marcia che uscivano di continuo. Il calo di potenza generale era l’ultimo dei problemi.
Officina moto Serrao D’Aquino. Chirurgia motociclistica
Arrivai per caso all’Officina Meccanica Serrao D’Aquino grazie a Roberto Parodi, che scelse come location per la nostra intervista il Motosplash, un posto a metà tra un club e un moto lavaggio, di cui l’officina occupa un locale. La chiacchierata con Gianpaolo mi fece capire subito che poteva essere lui quello giusto. In un mondo di sedicenti meccanici che acchitta ferrivecchi con una verniciata e li rivende come special, di gente che si specializza in un solo tipo di moto, per lui un meccanico è un meccanico e con questa forma mentis deve operare. Le modifiche, le customizzazioni hanno senso se rispettano l’idea portata avanti dai progettisti originali. Perché una moto è una moto ed è fatta per camminare e non solo per essere ammirata. E le moto di ogni epoca parzialmente smontate e tirate a lucido, sparse per il locale come pezzi di arredamento rispecchiano questa dedizione.
Sofia sotto i ferri del primario
Gianpaolo ha accettato la sfida di rimettere in sesto Sofia, e l’ha portata avanti con scrupolo quasi medico. Dopo un primo lavaggio operato dal Giamba di Motosplash, è stata messa sul ponte per lo smontaggio del motore, che è stato lavato in ogni suo parte. Gianpaolo è un maestro del motore endotermico e a vederlo lavorare si coglie tutta la sua passione: la cura che precede lo smontaggio di ogni singola vite, gli occhi attenti a studiare l’ordine con cui procedere e il fremito nelle sopracciglia quando trova la via.
Ha iniziato da bambino grazie alla passione per i motori di suo zio Nando, che gli insegnava le basi facendogli pulire e sistemare gli attrezzi. Attrezzi che, anche da professionista, continua a curare e rispettare, perchè è grazie a loro che il pane si porta a casa. E devono essere in ordine, perchè aprire una moto è come aprire un essere vivente e accedere ai suoi organi vitali: un’operazione da svolgere accuratamente e con perizia, con le mani pulite dentro ai guanti. Pare che alla fine di un controllo della finanza, la quale non aveva trovato niente fuori posto, il graduato abbia insinuato che il nostro avesse le mani troppo pulite per essere un meccanico. Gianpaolo rispose: ” Perché, lei di solito vede i chirurghi andare in giro per Milano sporchi di sangue?”. E non fa ‘na piega.
Il Minarelli ha felicemente smentito le previsioni catastrofiche, necessitando solo di fasce elastiche e, una volta che c’eravamo, cuscinetti di banco. Sono state eliminate le manopole riscaldate e i faretti alogeni sono stati sostituiti con analoghi a LED. È stato eliminato il sistema PAIR con il risultato di una maggiore fluidità del motore: alla fine il primario ha resuscitato il paziente, con buona pace di chi suggeriva di buttarla via. C’è ancora altro lavoro da fare, ma non c’è da agitarsi: so di aver trovato chi puó far vivere Sofia per tanti chilometri ancora.
