Dopo le tribolazioni per i visti, le ansie delle famiglie, la gente che ci allertava su tutto e tutti, i chilometri da macinare per raggiungere la frontiera ce l’abbiamo fatta a raggiungere l’Iran in moto. Ed è una strana sensazione quella di entrare nello Stato Canaglia per eccellenza, anzi le sensazioni sono tante. C’è quella del prurito di sentirsi fico per andare dove non si dovrebbe perché sconsigliato da tutti, afflosciata subito dalla cortesia e ospitalità del Popolo Iraniano che ti fa intuire al volo che tutte le cose che ci raccontano in TV sono clamorose fregnacce. C’è la sensazione di entrare in un mondo completamente diverso da quello a cui siamo abituati e questa, fortunatamente, non si affievolisce ma anzi aumenta man mano che andiamo verso sud. La percezione più forte è quella di avere di fronte un altro modo di vedere le cose e intendere i rapporti umani, da apprendere rapidamente scremando quanto letto e sentito dire prima della partenza e durante l’avvicinamento.
Anche stavolta, come tutti gli altri viaggi che ho fatto, mi sono sentito ripetere con insistenza che la prossima nazione andava evitata come la peste.
“Iran in moto? Non andateci!”
In Turchia come in Italia sono pochissime le persone che non hanno fatto una faccia tra il disgusto e la preoccupazione quando dicevamo di voler visitare l’Iran in moto. “Gente pessima”, “C’è la shari’a, lì non si scherza”, “La polizia è terribile” e via discorrendo in una serie di intimidazioni psicologiche dettate, anche nel loro caso, da un sentito dire alimentato dalla stampa filo- americana. Non è per fare il pippone complottistico antiamericanista: è che se il capo della banda dice che quelli sono stronzi, allora tutta la banda deve dire che sono stronzi. Fortunatamente esistono i viaggiatori e i forum sull’argomento, grazie ai quali ci si può informare su cosa ci si può aspettare per davvero in un paese così bistrattato dall’opinione pubblica di tutto il mondo. Il prurito di andare in Iran in moto mi è venuto leggendo i report di viaggio su sporcoendurista.it, belle storia di tre scapestrati su due ruote che da Roma partono per la Persia rimanendone definitivamente ammaliati.
Alla fine del viaggio il buon Luigi apporrà il nome di Allah sul rostro della sua Africa Twin, in segno di riconoscenza a una cultura da lui scoperta chilometro dopo chilometro in una terra arida e montagnosa ma ricca di un’umanità commovente, che noi stiamo a nostra volta riconoscendo come tale.
Anche se io sono più stronzo di lui e vi parlerò anche di cosa proprio non ho sopportato del Paese.
Siamo entrati in Iran in moto dal border di Esendere/ Serow, in Turchia, in una giornata uggiosa in cui non si capiva se facesse caldo o freddo. Un posto di frontiera, quello turco, davvero scalcinato oltremodo, in cui perdiamo una buona mezz’ora allo sportello dei carnet de passage, dove mi avevano indirizzato perché pensavano dovessi entrare in Turchia invece che uscirne. È lì che Peppina inizia il suo calvario con la legge iraniana che vuole le donne coperte come previsto dai dettami di Maometto, iniziando una lunga serie di tentativi sul modo di indossare il velo, che la porteranno a sbroccare non poche volte, facendo girare le palle a me di conseguenza. E sbroccherà ancora di più quando si accorgerà che tutto ciò viene vissuto dalle donne del paese, almeno le più moderne, come una gran presa per il culo.
Il primo a illuminarci sugli usi di questa nazione è Hossein Sheykhlou, titolare della guest house dove siamo diretti, appena entrati, a Urmia. Hossein è un giovanottone di ventitré anni che si è appassionato ai viaggi in moto dopo aver incontrato, qualche anno fa, un motociclista europeo che ha ospitato in casa per una settimana. L’anno dopo incontra Miquel Silvestre, motoviaggiatore molto famoso in Spagna, il quale gli procura un sacco di gente che necessita di assistenza per l’ingresso nel paese. E lì capisce due cose: che ospitare gente può diventare un business e che girare il mondo in moto è un bel sogno da coltivare.
Sfangarla in tempi di regime
Di lui vi parlerò più avanti, qui o altrove. Per ora vi dico che è stato disponibilissimo nell’aiutarmi a risolvere un problema col telefono sfasciato, oltre a spiegarci gli inghippi delle restrizioni legali in Iran. Ad esempio le limitazioni al web e canali come facebook e Youtube, aggirati dalla maggioranza della popolazione con dei semplici tunnel VPN alla portata di tutti, così come tutti hanno la TV satellitare e ascoltano musica moderna anche se vietato dalla legge, che vorrebbe un popolo intento ad ascoltare musica popolare e seguire gli Ayatollah sui canali di stato.
Scopriamo che esiste un mondo di cantanti iraniani, paragonabile al sottobosco del Neo-melodico napulegno, che producono qualsiasi genere di musica contemporanea, dalla leggera all’Hip-Hop, sempre caratterizzati da sonorità orientali. Secondo Hossein quasi tutti questi autori sono costretti all’esilio perché parlano di cose vietate come storie di sesso e amore profano ma possono tornare in patria dietro cauzione.
La cosa importante è che non parlino di politica: per quella non c’è cauzione che tenga. Per le moto i cittadini hanno il limite di cilindrata a 250 cc, e questo fa della mia Sofia, considerata in Italia una moto da sfigati, una vera regina del deserto degna dell’attenzione di tutti i maschietti ogniqualvolta ci fermiamo. E non solo: la curiosità per l’astronave, mista all’espansività popolare e a una pressoché totale mancanza di rispetto di un qualsiasi codice stradale fa sì che rischiamo il botto tutte le volte che qualche autista ci sorprende per strada. Fantastico, vero?
La roba è tanta e non è il caso di mettere tutto in un articolo solo, ché davvero finirei a Pasqua. Vedrò di raccontarvi tutto per argomenti poco sistematici e ordinatamente casuali. E spero di farlo prima possibile, ché ormai siamo quasi al confine col Pakistan e io non vi ho raccontato nulla. Dopo venti giorni qui però di sicuro posso dirvi una cosa: l’Iran in moto è una delle cose più belle e sorprendenti da fare se vi piace zingarare su due ruote.
