Non siamo arrivati in Thailandia in moto, ma siamo sbarcati da un volo della Nepal Airlines una ventina di giorni fa, travolti dall’afa di Bangkok appena le porte automatiche dell’aeroporto si sono aperte. La prima settimana è stata davvero stancante non solo per il caldo umido che non ha dato tregua insieme alle zanzare che pullulano ovunque in una città attraversata da canali e corsi d’acqua. Sono stati otto giorni passati tra dogana, uffici della Thai Cargo e l’officina Dynamic Motors che, dopo tre giorni di preventivi e varianti, mi ha ridato Sofia bella e scattante come non mai. Dio il settimo giorno si riposò, io mi sono depresso: il prezzo dei lavori è stato una mazzata inaspettata.
Thailandia in moto. I ricambi costano cari
Non so per quale motivo mi ero convinto che a Bangkok si trovasse di tutto a prezzi ragionevolmente bassi. In realtà si trova di tutto, ma a prezzo europeo se non più alto visto i costi di importazione dei ricambi. La botta seria sono state le gomme: Metzeler Tourance montate a 240 euro. Catena, corona e pignone hanno fatto il resto con i loro 150 euro complessivi. È evidente che avere una Big Bike in Thailandia è davvero roba da ricchi. In tutto ciò abbiamo fatto i turisti solo due giorni: una domenica in giro per templi a Bangkok e una visita al mercato di Mae Klong, installato sui binari all’ingresso della stazione ferroviaria.
Dopo mesi passati sulle strade dissestate o inesistenti del subcontinente indiano, immersi in un paesaggio antropico dove l’approssimazione e il caos sono l’unica regola apparente, Bangkok ci appare come la capitale della contemporaneità. E lo è. Tutto funziona perfettamente, tutto è lindo e pulito, tutti sono educati e cortesi. La ferrovia espressa che collega l’aeroporto con il centro è puntuale e i vagoni vengono ispezionati dalla security e puliti in un attimo a ogni capolinea. Il biglietto è un token in plastica da recuperare a ogni corsa. Ci sono reti wifi libere in ogni angolo della città.
Il traffico è intenso ma nessuno suona il clacson o fa il furbo, semplicemente si aspetta il proprio turno rimanendo in corsia. Entrare in una città così grande attraverso un treno sopraelevato dà modo di vedere come si addensano man mano gli edifici e come lo spazio viene razionato all’aumentare della densità e, se già non ho dimenticato i principi alla base dell’urbanistica moderna, la capitale thailandese è concepita in maniera ineccepibile.
Siamo spaesati nell’orientarci, fiaccati dalla botta d’afa, innervositi dalle zanzare. Chiediamo info alla gente del posto e tutti fanno il possibile per darci una mano anche non parlando inglese. Era da tanto che non vedevo metà passeggeri di un autobus impegnarsi tra googlemaps e inglese farlocco per aiutare due turisti spaesati. E la scena si è ripetuta spesso nei giorni a seguire. Ci dirigiamo a piedi verso una guest house trovata su THE HUBB, e siccome siamo due volpi, ci andiamo senza aver prenotato e sicuri di trovare almeno un buco dove sistemarci. Ovviamente ci dicono che è tutto pieno e lo fanno col disprezzo che si riserva a chi arriva senza prima avvisare.
Attraversiamo vicoletti di case a uno o due piani dove la vita si svolge all’esterno per il caldo. È un’umanità variegata di bambini caciaroni, donne dallo sguardo fiero e sereno, uomini in canottiera e infradito. Ripieghiamo verso il puttanaio di Khaosan Road, il centro dell’attività turistica, non senza prima sederci a un tavolino per strada, uno dei tanti, per mandare giù tre braciole di maiale e due piatti di riso a prezzo ragionevole. A voi sembrerà banale, ma dopo tre mesi di bando al porco e tocchetti di pollo premasticato, avere una costoletta anche piccola fa quasi commuovere. Ti sembra di incontrare un vecchio amico, verrebbe voglia di abbracciarla e chiamarla Wilson piangendo di gioia come il pallone che Tom Hanks abbracciava in “Castaway”.
Khaosan Road è incasinata oltre ogni immaginazione e iperpopolata da occidentali che si accalcano per le vie e nei locali fatti a loro immagine e somiglianza. E i prezzi sono altissimi per il nostro budget, anche se ragionevoli se hai due settimane di vacanza in cui sputtanarti quanto risparmiato, e si abbassano man mano che ci si allontana dall’epicentro del turismo di massa in cui l’hotel cinque stelle sta di fronte all’ostello di sole camerate ricavato nel condominio.
Siamo gli unici due pirla ad arrivare in questa città schiattati di caldo, con i piumini appesi alle borse e senza uno straccio di prenotazione. Viene in mente la scena di Totò e Peppino a Milano, ma ridetevi ‘sto cazzo, ché non si stava per niente bene e per poco non ci siamo mandati affanculo per il nervosismo e la stanchezza di una giornata iniziata poco dopo l’alba in uno stato con un ora e mezzo di fuso orario e almeno 10 gradi in meno.
Finiamo la ricerca in una stradina sì popolata da locali e occidentali, ma abbastanza quieta e a buon mercato. Dopo una notte a 450 baht in una pensioncina pulita e con un wifi da paura, ci sposteremo nella stessa strada nella stanza a piano terra di una guest house che sembra uno zoo per i sei pelosissimi cani e il numero imprecisato di pappagalli e tortore tenuti in gabbia dalla svampita signora. Il cortile maleodora di guano e i cani, ai quali non stiamo affatto simpatici, continueranno ogni giorno imperterriti a fare i loro bisogni davanti al cancelletto che porta alla nostra stanza. Ché quella e casa loro e pisciano dove gli pare per ricordarcelo. Ma costa solo 200 baht, quindi è il posto più bello del mondo.
Il WiFi non c’è ma scroccheremo la connessione ai localini nella strada di fronte. Il segnale migliore è quello della guesthouse gestita e popolata da gioventù anglofona bella, spensierata e strafottutamente ariana che potrebbe essere la casa di Barbie Bangkok: insopportabili dopo due giorni. L’unico vero problema è dover spostare almeno tre volte al giorno la moto parcheggiata nella stretta strada: i thailandesi non eccellono nelle manovre in spazi ristretti. Non fosse per lo zoo, la nostra stanzetta avrebbe di fronte un giardino fantastico circondato di piante acquatiche e tropicali. E pieno di vasche d’acqua in cui le zanzare proliferano alla grande.
Ah… l’acqua: ai thailandesi piace tanto e agli abitanti di Bangkok ancora di più. Pur essendo circondati da canali e corsi d’acqua non disdegnano fontane e fontanelle nei cortili. Forse perché è un modo per abbassare la temperatura dell’aria in cui stanno. O forse perché serve come riserva per irrigare le mille piante di cui si circondano. Nei giorni passati a Bangkok abbiamo avuto modo di vedere una città curatissima anche nelle aree più periferiche, sebbene si estenda per decine di chilometri senza soluzione di continuità con le altre municipalità.
Una città zeppa di carretti a ogni angolo di strada in cui si lavora dalla mattina alla sera, cucinando ottimo street food che i nativi mangiano a ogni ora in piccole porzioni. Noi invece quando ci sediamo facciamo sempre almeno un bis, lasciando perplessi ma soddisfatti i gestori della baracca. Pur essendo un territorio in cui il turismo costituisce una voce importantissima nel bilancio, operatori e venditori non stressano come in altri paesi.

Nessuno ti chiama con insistenza dai ristoranti, nessuno ti intorta per venderti qualcosa. Sono in tanti e ognuno ha il suo spazio. La cosa che ci è piaciuta è che spesso capita che le bancarelle di cibo siano attaccate l’un l’altrao condividendo i tavolini a disposizione, magari prestandosi a vicenda la materia prima in caso di esaurimento scorte. I thailandesi ci stanno piacendo perché sono per lo più pacifici e molto educati, parlano senza urlare e cercano di risolvere le questioni senza innervosirsi né alzare la voce.
Cosa che in realtà ogni tanto stressa, come agli uffici Thai Cargo,quando si discuteva per il prezzo dei giorni di deposito della moto: sarebbe stato liberatorio avere davanti uno che ti tratta con strafottenza o alza la voce per poi girare dietro lo sportello e massacrarlo di botte. Avere davanti persone pacate e ragionevoli non ha fatto altro che farci girare ancora di più le palle. Ma abbiamo dovuto trattenerci perché da qualche parte nel loro magazzino, chiusa in una cassa di legno, c’era la nostra casa a due ruote.
È come se i thailandesi avessero trovato il modo di convivere senza pestarsi troppo i piedi a vicenda. Come nel mercato di Mae Klong, a una settantina di chilometri da Bangkok, in cui i banchi stanno a ridosso della linea ferrata e sono fatti a misura di treno. Quando questo arriva, si alzano le tende e si tirano indietro i banchi su ruote, ma la maggioranza delle merci rimane al suo posto, esposta in modo tale da essere più bassa dell’ingombro dei vagoni.
È un mercato alimentare dove i venditori passano tutta la giornata, dall’alba al tramonto ogni giorno e che risponde positivamente ai sorrisi usati al posto di una lingua che non conosciamo. Così come succede nei tanti mercati sull’acqua che nel fine settimana si riempiono di thailandesi in vacanza. Ci dicono che i più rinomati sono ormai una trappola per turisti occidentali e per questo ne visitiamo uno non riportato dalle guide.
Ombre in paradiso
Detta così sembra una terra fantastica e senza problemi, un’isola felice libera dai mali del mondo. Se poi si è maschietti è quasi una terra promessa, popolata da donne bellissime e accondiscendenti. Ovviamente non è così e ci si accorge della cosa quando si cammina per strada tra bancarelle di gente che lavora dalla mattina alla sera, quando si incontrano belle signorine che si accompagnano a occidentali attempati fingendo di divertirsi alle loro cazzate.
Riguardo a quest’ultimo fenomeno attenzione a non cadere però nel moralismo: il problema vero non è la prostituzione in sé. Nella cultura popolare non c’è una condanna per chi pratica quest’attività, né il pregiudizio che caratterizza la visione cristiana di queste donne. Nella situazione standard si tratta un’attività praticata liberamente o in accordo con i gestori del locale in cui si opera. Insomma: fin quando è un libero contratto tra adulti nessun problema. Ché ognuno fa del suo corpo o dei suoi soldi ciò che meglio crede. Il vero problema è lo sfruttamento di chi non ha modo e diritti di fare altro e una buona riserva di questo mercato è costituito dalle donne, spesso minorenni, provenienti dalle tribù delle minoranze etniche ai confini con la Birmania.
Eravamo curiosi di capire come funziona e Peppina avrebbe voluto fare un giro nei quartieri a luci rosse. Per senso del dovere avrei voluto addentrarmi nel torbido mondo della prostituzione per raccontarvi come funziona. Avrei fatto questo sacrificio per amore della cronaca, eh! Ma siccome sarebbe stato “guarda ma non toccare” visto che la mia Signora mi avrebbe tagliato le palline, ci siamo dedicati ad altre questioni andando a mettere il naso in una delle radici di questo problema.
Thailandia in moto. Verso nord tra le minoranze etniche
Siamo quindi partiti alla volta di Sangkhla Buri, al confine con la Birmania, per visitare un progetto di sostegno ai figli dei rifugiati birmani. Di questo vi parlerò la prossima volta. Qui vi dico che la Thailandia è un vero paradiso per smanettoni. L’asfalto è un tavolo da biliardo sulla maggioranza delle strade, le quali sono distribuite con una gerarchia corretta: l’asse principale con almeno quattro corsie, dritto e veloce, e poi le diramazioni che si restringono man mano che il flusso veicolare diminuisce. Per andare a Nord ci sarebbe la statale 1 che da Bangkok porta dritto al Triangolo d’Oro.
Noi la eviteremo anche quando potremmo prenderla per avere modo di attraversare villaggi e aree secondarie. E l’asfalto sarà sempre ottimo anche sulle strade più remote. Una cosa che ho notato è che non ci sono gallerie: i rilievi sono arrotondati in sommità per cui chi ha progettato le strade ha pensato bene di scavalcare piuttosto che passare sotto. Il risultato è il susseguirsi di salite e discese dalla forte pendenza, sulle quali spesso ci tocca di andare in prima e seconda per il carico che portiamo, facendo compagnia ai camion che arrancano consumando i dischi frizione tra nuvole di fumo. Il nastro d’asfalto si snoda in un paesaggio ricco come non mai di vegetazione e tenere l’attenzione sulla strada è veramente difficile.
Sì… decisamente la Thailandia in moto è una vera goduria.