Il Salone del motociclo di Milano è appena finito e io sono appena tornato. Mi sembra doveroso parlarne soprattutto perché è il primo della mia vita, alla soglia dei quarant’anni. Ci sarebbe da scrivere sul perché in vent’anni che ho a che fare con l’Architettura non sia mai andato a un SAIE, la fiera dell’edilizia di Bologna, la più importante. Ma questa è un’altra storia. Come sarebbe un’altra storia raccontarvi della levataccia per sfruttare uno strappo alle 5.30 di mattina all’incrocio tra Casilina e Togliatti, quando non ci stanno più neanche le mignotte e ancora non girano gli autobus.
Passaggio offerto da Roberto, giovane viaggiatore di belle speranze, e dal suo amico Massimo, nella cui auto abbiamo raggiunto Rho attraversando banchi di nebbia mediamente fitta, chiacchierando dei cazzi nostri e mostrando le nostre facce da terroni tra le genti di autogrill sempre più ovattati dalla bruma. Anche questa sarebbe una storia, ma non ve la racconto.
EICMA 2013, è d’obbligo esprimersi
Dice che c’è stato l’EICMA 2013 e ogni motociclaro che si rispetti, soprattutto se munito di blog, dovrebbe raccontare della fiera, di questo tripudio di motori e gomme e caschi e accessori e belle donnine in esposizione.
Ecco, già ci siamo. Il fatto è che di novità entusiasmanti in campo motori non è che ce ne siano state tante. C’è da dire che sono un un visitatore anomalo: per me le due ruote a motore sono strettamente legate al viaggio. E di novità vere sul serio non ce ne stanno su questo fronte. Certo, la più blasonata casa tedesca ha presentato la nuova versione Adventure della sua ammiraglia . Ma se la versione base già è grossa, questa è davvero un furgone. Non l’ho guidata, chiaro. Mi ci sono seduto come fanno tutti cercando di trovare la posizione più comoda, immaginandomi a percorrere strade a piacimento. E l’ho fatto anche con le concorrenti. L’unica a farmi provare un brivido vero è stato un sidecar della Ural, storica imitazione BMW made in USSR, che adesso hanno dotato di freno a disco. Davvero. l’unico brivido sulla Ural! Nessuna è stata in grado di farmi pensare neanche minimamente di sostituire Sofia. Ho pensato che, semmai arriverò a settant’anni, mi regalerò un bel sidecar di fabbricazione sovietica. Ma anche di questo ne riparliamo fra trent’anni esatti, se ci saremo ancora, io e voi.
E quindi, di che parliamo? Mah…. parliamo delle donnine, va!
O meglio, dei maschietti che fanno le foto alle donnine, o con esse si fanno fotografare. Sì, perchè a un certo punto mi sono reso conto che, mentre il mio amico scattava foto alle donnine, io trovavo molto più divertente osservare gli abbracci rubati con la scusa di una foto. E ho cominciato a guardare la fiera da un’altra prospettiva, che poi per me è sempre la stessa, quella del guardone antropologico. Sostanzialmente l’EICMA è un grande circo, un paese dei balocchi, o l’isola che non c’è o qualunque fiaba dell’infanzia vi venga in mente. Ci si va per informarsi, per vedere, rimanere aggiornati. Ma la maggioranza dei visitatori ci va per sognare. Sognare non solo le moto, ma anche ( e soprattutto?) le signorine più o meno scoperte che vi siedono ammiccanti.
Ho visto uomini adulti salire su moto da sparo o bestioni da 1200 cc acuire la fessura degli occhi verso un orizzonte indefinito e serrare le labbra, piegandone gli angoli in basso in una smorfia di potenza virile, mentre ruotavano la manopola e sfrizionavano su un veicolo ancorato a terra e senza benzina nel serbatoio. Non uno, tanti. Mi sono mangiato le mani per tante foto perse che sarebbero valse, già quelle da sole, la gita.
Ma la cosa più frequente è stata vedere uomini di tutte le età (ma in gran prevalenza adolescenti brufolosi e saturi di ormoni) farsi a turno le foto con le signorine di cui sopra. In alcuni punti si venivano a creare dei veri e propri ingorghi. Su tutte, una in particolare ha convogliato l’attenzione di ogni fascia d’età e ho sentito voci sul fatto che dovesse girare scortata da un bodyguard per evitare rotture di palle.
Inutile dire che non ricordo su che moto fosse, o se fosse uno scooter o una bici elettrica o vendesse manopole riscaldate. A parte i tristissimi stand dei cinesi, piccoli bugigattoli defilati da cui scuri occhi a mandorla ci guardano con l’espressione del tipo ” ridi rdi, tanto tutti qua finirete”, in ogni stand c’era concentrazione di donne in mostra. Che, pellamùriddìu, è un comandamento del marketing da quando è stato inventato.
Accomunare donne e motori è quasi automatico, se vendi immagine e pubblicità.Soprattutto se la donna in esposizione ha un atteggiamento compiacente e sottomesso. I futuristi aprirono il dibattito sul sesso di automobili e motocicli. E stabilirono senza dubbi che il loro genere è femminile.

(foto rubata da Facebook, autore ignoto)
I veicoli a motore sono strumenti di espressione della potenza vitale e animale, fatti apposta per darle sfogo.
Molto più dell’auto, è la moto ad essere il mezzo libidinoso per eccellenza: intanto per guidarla ci si sale in groppa. E non è poco. Se si aggiunge il fatto che il motore sta in mezzo alle gambe, il passo per farne un surrogato sovradimensionato e rombante del pisello è davvero breve.
lo stand della Kymco e quello della Piaggio avevano molti più visitatori di quanto sarebbe immaginabile visto quello che producono.
La moto è oggetto del desiderio. La donna (presentata in un certo modo) è oggetto del desiderio. Risultato:
Peppina mi ha raggiunto in fiera venerdì pomeriggio e si è messa a fare interviste alle signorine, così, per diletto e curiosità. E’ arrivata lì con un block notes e una penna scrausa e si è messa a fare domande alle tipe sulle moto. Non tante, qualcuna. Sono molto giovani, intorno ai 18/ 20 anni, e fanno questo lavoro in tutta Italia. E pare siano ben pagate. E pare anche che con le moto non c’entrino una ceppa. Ci si pagano gli studi, una vita decente. Sfruttano quello di cui sono dotate per natura, rispondendo alla domanda di un immaginario maschile che così le vorrebbe e difficilmente le avrà. Alla fine una chiede a Peppina per quale rivista scriva, lei risponde “per il Magazine Curiosità, per capire un po’ le donne”
La tipa risponde: “C’è poco da capire”.
Su queste affermazioni si apre una diatriba di coppia non indifferente: Io sostengo che siano gli uomini a comportarsi indegnamente, secondo Peppina sono le donne a farsi strumentalizzare, buttando nel cesso la loro dignità di genere. Intendiamoci: Io non è che mi giri dall’altra parte. L’occhio mi cade sempre là, anche se mi pare poco educato.
Siamo pur sempre l’ultima evoluzione di una specie di mammiferi derivati da una famiglia di scimmie.
E c’è poco da fare. Ma da lì a sbavare per una che è pagata per sorridere a comando per 12 ore di fila… beh, ce ne passa!
A questo punto direte voi:
‘U pilu ti piace ma ti contieni, ti emozioni solo sulle Ural, che minchia ci sei andato a fare?
E ve lo dico. Sono andato all’EICMA a incontrare un po’ di viaggiatori e a fare quattro chiacchiere con un paio di testate (giornalistiche, non nel senso di capate nel muro).
Un evento del genere è perfetto per incontrare giramondo conosciuti già di persona in altre occasioni e materializzare quelli conosciuti tramite forum e piattaforme digitali. Allo stand di Mototurismo ho trovato il buon Paolo Ciapessoni con la sua GS 1150 acchittata da viaggio, con tanto di vello di pecora in sella e doppio navigatore (uno per seguire la pista, l’altro per registrare). Personaggio interessante e dalla grande empatia, Paolo: a un certo punto qualche anno fa ha iniziato a cercare piste poco battute o ignorate dagli occidentali, tracciandole in GPS e rendendone disponibili i percorsi.A un certo punto il più grosso produttore di sistemi GPS si è interessato a lui coinvolgendolo in attività di seminario e tracciamento . Se alcune piste nordafricane sono di nuovo battute dagli europei è anche merito suo.
Accanto a lui ritrovo Miriam che presenta il suo libro “ioParto”, sul suo giro in solitaria delle americhe durato un paio d’anni. Tocca fare la fila per salutarla, visto che c’è sempre qualcuno ansioso di conoscerla. Riusciamo comunque a scambiare un po’ di chiacchiere sull’argomento che entrambi preferiamo. Le faccio notare che il libro avrebbe dovuto venderlo a chilo, denso com’è di storie e foto su pagine fitte e compatte. Davvero un bel lavoro che leggerò con gusto, come se non avessi già abbastanza scimmie sulla schiena. Riesco a fare una chiacchierata con Tiziano, il boss della rivista. Scambiamo una conversazione serrata e carica di concretezza, quasi un dialogo tra veterano e principiante. Che poi quello è, almeno per quanto riguarda la scrittura e la narrazione.
Lì incontro Donato Nicoletti, un altro personaggio notevole e dalle mille sorprese. Secco di costituzione, pochi capelli cortissimi e un lungo pizzo rossiccio che acconcia come fosse una capigliatura, abbigliamento da sinistra antagonista. L’ultimo da cui ti aspetti possa guidare un’ Harley. E invece lo fa. E ci va pure lontano lontano. Negli anni scorsi ha girato molto verso est, praticamente fino a dove l’est finisce. Un viaggio lungo, di cui abbiamo avuto modo di parlare un po’ anche fuori dalla fiera mentre gli altri staranno ancora lì a ricevere pubblico. Il vantaggio di essere visitatori. Da poco ha iniziato a fare da guida per gruppi in moto in terre orientali, mettendo a frutto l’esperienza maturata nei suoi viaggi.
Allo stand di Motociclismo conosco finalmente Alessandro, gran viaggiatore con all’attivo diversi viaggi, tra cui , a Pechino col cinquantino, quello che più mi affascina, insieme al suo collega Emanuele. Ultimamente viaggia insieme a Elena, la compagna, anche lei presente allo stand. Conosco finalmente di persona Francesco di Sognandoriente.it, in pieni preparativi per la sua grande avventura. E finalmente conosco Paola Verani, capo servizio della testata, con cui faccio una bella e piacevole chiacchierata.
L’atmosfera è rilassata e amichevole, e sembra di stare a casa di amici. Con tanto di foto ricordo. Ci siamo conosciuti tramite All Travellers, la loro pagina Facebook dedicata ai viaggiatori: loro pare abbiano trovato interessanti le mie foto e punti di vista, io la loro apertura al dibattito diretto e la freschezza della linea editoriale. Era per me un incontro importante ma, arrivato lì, la sensazione di stare facendo il classico colloquio è svanita rapidamente nel nulla. E questo senso di leggerezza è rimasto persistente anche durante la serata fuori salone da loro organizzata alla Cucina dei Frigoriferi Milanesi, il ristorante di Antonietta situato nell’ex ghiacciaia di Milano.
La padrona di casa è viaggiatrice di lungo corso, da poco avvicinatasi alle due ruote attraverso una vespa di decenni fa, con la quale di recente ha scorrazzato per l’Italia per conoscere food bloggers e varie realtà legate alla cultura del cibo.
Una bella serata, tranquilla e in piena rilassatezza, dove ho finalmente conosciuto Pinuccio e Doni, i pasticceri più avventurosi d’Italia, e rivisto Paolo e Patrizia, conosciuti in Georgia due anni fa sulla strada per l’Armenia e con i quali è nata un’amicizia speciale. Mario Ciaccia di Motociclismo si presenta da se si inizia a vaneggiare su una tendata invernale da fare prossimamente: lui vorrebbe la neve, io gelo solo al pensiero (e sempre calabro sono). Acconsente a trovare un posto dove potrebbe nevicare, ma non è detto che succeda. In medio stat virtus, dicevano quelli.
Avrei voluto scambiare due chiacchiere con Gionata di partireper.it, ormai un essere mitologico per il suo viaggio di otto anni per il mondo, ma per un motivo o l’altro non siamo entrati in contatto. Evvabbò, spero ci sarà occasione.
Se gli incontri di questi due giorni mi aiuteranno a realizzare i miei progetti non lo so. Non abbiamo ancora un progetto che si possa definire tale, io e la Fata Peppina. Idee tante. E un sogno difficile da far digerire ai più. Molte delle persone con cui abbiamo parlato in questi giorni ci confermano quello che già sapevamo, ovvero che di viaggi non si campa e che andare via per un tempo indefinito non è cosa da quarantenni equilibrati.E la questione più grande è cosa fare al ritorno. Ma è proprio quella che non mi voglio porre, visto che ancora non sono neanche partito. In tutta sincerità dubito di essere stato preso davvero sul serio (succede davvero di rado, sarà la faccia?), ma la cosa davvero non è importante: intanto mi sono divertito in questo ruolo per me nuovo e passare due giorni tra mondonauti è stato davvero elettrizzante. La storia ci dirà come andrà a finire.
Dopo due giorni di moto e viaggi, però, è ora di tornare all’aperto tra i mercati del quartiere Isola, una serata al Macao e una mostra di Rodin. E, da meridionale poco convinto, mi tocca ammettere che Milano ha il suo innegabile fascino. Roma mi dà il bentornato con una schiaffeggiata di vento gelido appena sceso dal treno, lunedì mattina, mentre mi infilo nella metro A, ingoiato dal fiume di pendolari e turisti. La giostra è finita, ritorno al mio ruolo di unità produttiva di un sistema che, ormai non è un mistero per nessuno, mi sta sempre più stretto. Sono già stanco ed è solo lunedì. L’Avventura è morta, Viva l’Avventura